Nel giornalismo videoludico l’indipendenza è un valore fondativo. Senza di essa, la critica perde la sua funzione interpretativa e si trasforma in un’estensione involontaria della comunicazione aziendale. L’indipendenza è ciò che permette al giornalista di osservare il medium da una distanza di sicurezza, mantenendo la lucidità necessaria a valutare un’opera in base alla sua natura, e non alle aspettative di chi l’ha prodotta. Ogni relazione troppo stretta, ogni favore percepito come necessario, ogni accesso anticipato interpretato come privilegio crea un ecosistema di condizionamento sotterraneo che può deformare la qualità del giudizio.
Gli strumenti di pressione
L’industria non agisce con malizia, ma con strategie. Embargò, codici review selettivi, press tour, anteprime controllate: sono strumenti legittimi, ma carichi di implicazioni. È innegabile che la distribuzione dei codici review sia spesso utilizzata per premiare i media più “comodi”. Questo crea un clima in cui molti giornalisti temono di esprimere giudizi severi per paura di perdere l’accesso. La dipendenza diventa psicologica prima ancora che materiale. Ed è proprio qui che nasce la necessità di un’etica professionale solida.
La responsabilità verso il pubblico
In Che cos’è un videogioco affermo che il critico non è al servizio dell’industria, ma del pubblico e della cultura del videogioco. La sua responsabilità principale è verso i lettori, non verso gli uffici stampa. Il lettore attribuisce al critico un compito preciso: essere autentico, non indulgente; essere libero, non accomodante. L’indipendenza non è una questione morale astratta, ma un dovere concreto verso chi cerca una voce sincera in mezzo a un mercato dominato da logiche commerciali.
Perché l’indipendenza crea valore
L’indipendenza è ciò che permette al giornalismo videoludico di crescere e maturare. Una stampa autonoma eleva l’intero ecosistema: spinge gli sviluppatori a dialogare con critici competenti, spinge i publisher a rispettare il ruolo dei media, e spinge i lettori a riconoscere il valore culturale del videogioco. Non è un muro contro l’industria, ma una distanza utile. Una distanza che crea credibilità, e con la credibilità nasce la dignità del medium.
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